lunedì 7 gennaio 2013

Antica Corte Pallavicina: un relais di campagna


"A volte mi sento più cuoco
a volte più masalén
a volte più agricoltore"

(Massimo Spigaroli)


Sono passati un po' di mesi dalla mia visita in questo luogo, lo ammetto.
Ma non potevo non parlarvi di questo angolo di paradiso. 
Quando si parla di Antica Corte Pallavicina non si parla solo di un Ristorante.
Ma di un Relais con 6 camere, una cantina con stagionatura di culatello e parmigiano reggiano,  un’azienda agricola dove si coltiva e si alleva, e un Ristorante stellato a Km 0, dove si assapora il gusto del territorio.  Uno spazio dove si sta bene e dove si fanno le cose per bene.
Ma soprattutto è il luogo dove Massimo Spigaroli è riuscito a recuperare, a mantenere quello che i genitori prima di lui hanno creato con grande lavoro e sacrificio. Un relais di campagna  che porta il nome di "Antica Corte Pallavicina" a ricordo e in onore dei suoi antichi proprietari.


Siamo a Polesine, nella Bassa parmense, una terra distesa lungo il Po, con la sua nebbia costante nei mesi freddi e con quella tranquillità che la rende un luogo affascinante.
Io ci sono arrivata in estate, con i campi di frumento, di erba medica, di granturco appena tagliati, con gli odori di stagionatura che provenivano dalle cantine e i rumori degli animali nel cortile, con il caldo afoso di giorno e la brezza del Po alla sera.
E ad accoglierci un giovane e brillante Giovanni Lucchi che con paziente maestria ci ha guidati nel meraviglioso mondo della Corte. Cominciando proprio dagli animali, un grande orgoglio di Massimo.
Oche, galline, anatre, tacchine tutte razze antiche, difficili da allevare ma con carni più saporite e quindi da far conoscere, da proporre agli ospiti, ai clienti dei due ristoranti gestiti dai fratelli  Luciano e Massimo Spigaroli: Il Cavallino Bianco e l’Antica Corte Pallavicina. Due ristoranti dove si utilizzano prodotti dell’azienda per dare identità e per tornare ai sapori antichi.
Qui si utilizzano solo materie prime dalla nascita. Come la Nera di Parma e di borghigiana, antica razza suina dalle carni molto grasse che si riteneva perduta. Qui c'è la voglia e l'interesse a recuperare un antico grande salume che stava scomparendo, difendendolo da chi lo voleva far diventare un prodotto industriale da fare ovunque in capannoni climatizzati. Sto parlando del culatello.
Qui c'è la voglia a riprendere la produzione della spalla cruda, un prodotto della salumeria della Bassa dall’incredibile armonia di aromi e sapore. Ed io che ho avuto il piacere di assaggiarla verso sera, al calar del sole, vi assicuro che è realmente un salume di cui parlare.


Ma soffermiamoci un momento sul Culatello.
Tutto parte dal culatello. Anche la storia di questi luoghi, conosciuti  un tempo solo per la nebbia e le zanzare. Poi ci fu la riscossa della Bassa (così ama definirla Massimo) , l'unione dei produttori, la nascita del consorzio, il legame con il territorio e l'arrivo dei turisti, degli appassionati, dei gastronomi, di tutte quelle persone che hanno voglia di scoprire un sapore e la sua storia.
E quindi vengono riscoperte le nebbie e le cantine umide che sono necessarie per fare un buon culatello.
Vengono tramandati i saperi antichi, quei saperi che la famiglia Spigaroli aveva e continua ad avere. Il sapere di qual è il momento giusto per raggiungere il perfetto bilanciamento fra dolcezza e aromaticità. L'importanza del  microclima. Senza di esso non avremo quell'esaltazione di profumi e di gusto dovuti alle muffe delle cantine, non avremo quella consistenza morbida e vellutata, quel sapore dolce che ricorda la rosa.


Quando si parla di Culatello in particolare si parla del taglio posteriore del prosciutto, si parla di bilanciamento di grasso e muscolo. Si parla di 8 comuni sul Po, che possono produrre la Dop Zibello. Si parla della classica forma a pera. Si parla di sale, pepe, vino e aglio. E non si parla di conservanti. Si parla di 8-10 mesi a stagionare in ambiente asciutto. Si parla anche di qualità e onestà, si parla di tramandare una tradizione rispettando i consigli e le tecniche antiche, attualizzandole senza stravolgerle.
Questa è la filosofia di casa Spigaroli. Questo è quello che potrete trovare venendo in quest'oasi felice a Km 0. Rilassandovi all'obra di un salice sorseggiando un bicchiere di Fontana del Taro, un vino autoctono a bacca rossa, frizzante che bene si sposa ai salumi della bassa. Passeggiando per i lunghi filari di uve, visitando le cantine di culatelli. O invece decidere di lasciarvi coinvolgere dalla cucina stellata di Massimo Spigaroli che vi guiderà in un percorso di assaggi che richiamano la sua Bassa, sapientemente trasformata in Haute Cuisine.



Nel 1300 questo luogo era una dogana del sale di Salsomaggiore (a 20 Km). I Marchesi Pallavicini controllavano il fiume facendo pagare una tassa. Nel 1800 la famiglia Spigaroli era già lì.  Da mezzadri ieri, a possidenti oggi. Con la consapevolezza e la voglia di valorizzare quello che il passato ha insegnato.
E tramandarlo senza mai dimenticare.


2 commenti:

serkan delikan ha detto...

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