mercoledì 30 giugno 2010

I Maya credevano che il cacao avesse il potere di liberare desideri nascosti e di svelare il destino.



"C'era una volta un piccolo e silenzioso villaggio nella campagna francese; gli abitanti credevano nella Tranquilité, la tranquillità. Se vivevi in questo villaggio, sapevi ciò che ci si aspettava da te. Conoscevi il tuo posto nello schema delle cose. E se ti capitava di dimenticarlo, qualcuno ti avrebbe aiutato a ricordarlo. In questo villaggio, se vedevi qualcosa che non avresti dovuto vedere, imparavi a guardare dall'altra parte. E se per caso i tuoi desideri non erano stati soddisfatti, imparavi a non chiedere mai di più. E cosi, nel buono e nel cattivo tempo, nella fame e nelle feste, gli abitanti del villaggio si mantenevano saldi alle loro tradizioni. Finché, un giorno d'inverno, non soffiò uno irrequieto vento del Nord..."

Basta un assaggio. Come direbbe Juliette Binoche in Chocolat.

E così, in questa caldissima e afosa giornata di fine giugno, alle prese con i fornelli quotidiani, mi chiudo in cucina, accendo l'aria condizionata, indosso un grembiule color crema, apro "la scatola delle meraviglie" contenente ogni tipologia di cioccolata da degustazione e, ancor prima di prepararmi la colazione, decido di creare la mia crema au chocolat.
E per una volta, non sarà una coccola ma solo una golosissima compagna di colazione.

Ingredienti:

200 gr. di cioccolato fondente
70 gr. di nocciole tostate 
70 gr. di zucchero
80 gr. di latte
45 gr. di burro salato

Tritate finemente il cioccolato e le nocciole. In un pentolino uniteli allo zucchero, al latte e al burro salato.
Cuocete a fuoco basso, mescolando lentamente fino ad ottenere una crema densa.
Tenete in frigorifero fino ad utilizzo (se non la finite prima).




martedì 29 giugno 2010

Stinco di maialino caramellato alle ciliegie gialle.


Come vi ho detto, domenica sono stata a San Daniele del Friuli alla festa del Prosciutto crudo e non potevo tornare certo a casa a mani vuote.
Oggi vi preparo quindi una ricetta a base di ciliegie e stinco di maialino. Si avete capito bene, stinco, un piatto autunnale direte, ma che con le ciliegie assume grazia, delicatezza e dolcezza e servito con un contorno di patate al forno o un'insalatina di campo diventa un ottimo piatto unico per le vostre cene d'estate.
Con questa preparazione, la carne risulterà morbida, succosa, delicata e con un gusto agrodolce dato dal matrimonio riuscito tra la carne di maiale e la frutta.
Vi do subito gli ingredienti così che potrete rifarla quanto prima.

Ingredienti: per 2 persone (affamate) o 4 persone

2 stinchi di maiale (sottovuoto)
2 cipolle rosse
20 ciliegie gialle
olio extravergine
sale
qualche fogliolina di prezzemolo fresco


Gli stinchi di maiale sottovuoto vanno cotti in acqua nell'apposito contenitore-sacchetto da sottovuoto, come per il cotechino, per una mezz'ora.
Dopodichè di apre il sacchetto, si preleva lo stinco cotto e si lascia insaporire nella padella dove ho precedentemente lasciato stufare le cipolle con l'olio e le ciliegie, per 15 minuti circa.
La carne comincerà a colorarsi e a caramellarsi e incomincerete a sentire un profumino meraviglioso a cui non potrete rinunciare.
Servire con qualche fogliolina di prezzemolo fresco.


Il sommelier consiglia: Ronchi di Cialla, Schioppettino 2005

Cous cous mandorlato agli agrumi e zucchine.


Torniamo alla cena con amici di qualche sera fa. Come vi avevo anticipato, il tempo era poco e la voglia di sperimentare qualcosa di "nuovo" era, as always, troppa.
Il cous cous è uno degli ingredienti base della mia cucina. Un pò come la farina, lo zucchero, il sale.
E' una di quelle cose che non mancano mai e la rapidità con la quale si "trasforma" è ideale in serate come la mia.
Ho voluto così testare un condimento di agrumi, intendendo così succo e scorza grattugiata di limone e arancia, da abbinare ad una dadolata di zucchine dolci e per finire una spolverata di mandorle a lamelle, per creare un "passaggio di consistenze" tra il morbido del cous cous e il croccante della mandorla.
Esperimento riuscito.
Ho testato io, hanno testato i miei ospiti. Ora tocca a voi.


Ingredienti:
200 gr cous cous
3 zucchine
1 limone
2 arance
mandorle a lamelle
1 cipolla
olio
sale
pepe

Mettete a bollire una pentola con 200 ml di acqua. Salate e quando inizia a bollire, versate il cous cous, spegnete il fuoco e coprite con un coperchio.
Dopo pochi minuti, unite un filo d'olio e sgranate i chicchi che altrimenti tendono a rimanere compatti.
A parte preparate un soffritto di cipolla tagliata finemente, unite le zucchine a dadini e un dado per insaporire. Lasciate stufare per qualche minuto, lasciando le zucchine ancora croccanti e non troppo cotte.
Grattugiate la scorza degli agrumi e spremeteli per ottenerne il succo che andrete a unire al cous cous.
Mescolate bene e infine unite le zucchine.
Con un coppapasta date la forma che preferite al vostro cous cous e ricoprite di mandorle a lamelle.

Il sommelier consiglia: Barraco, Grillo 2009

lunedì 28 giugno 2010

Polpettine di tonno e ricotta


Avere a cena un gruppo di amici e non sapere assolutamente cosa cucinare. Avere 4 ore per decidere, preparare, impiattare e servire.
Ecco, in casi disperati come il mio, sempre che la vostra scelta ricada sul tema "pesce", queste polpette sono una salvezza. Io le ho servite come antipasto, accanto ad altre due ricettine che vi posterò nei prossimi giorni. Sono facilissime, comode (ingredienti facilmente reperibili in casa), veloci e leggerissime se decidete di cuocerle in forno anzichè friggerle (perdono in croccantezza, certo, ma il gusto è buonissimo).
E allora, nell'attesa di incontrarvi tutti per una vera cena tra blogger, seguitemi.

Ingredienti:
1 vasetto di ricotta (250gr)
2 uova
200 gr tonno all'olio d'oliva sgocciolato
3 cucchiai di parmigiano reggiano
2 cucchiaini di capperi
sale
pepe
prezzemolo
pangrattato + sesamo
olio per friggere (se volete friggerle)

In una ciotola unite il tonno spezzettato e sgocciolato con la ricotta, il parmigiano reggiano e le uova.
Aggiungete poi i capperi, il prezzemolo e un cucchiaio di pangrattato. Salate e pepate a piacimento. Formate con questo impasto delle palline schiacciate che ripasserete nel pangrattato unito al sesamo prima di passare alla frittura o al forno.
Se volete friggerle: A parte scaldate l'olio in una padella da frittura (io uso olio e.v. d'oliva) e quando ben caldo intingete le polpettine fino a doratura.
Se volete infornarle: In forno preriscaldato a 180° per circa mezz'ora.
Servitele calde con un contorno di verdurine sottili croccanti.

Il sommelier consiglia:  Miceli, Yrnm 2008

Aria di Festa 2010

Quando una domenica mattina di fine giugno ti svegli e decidi di preferire una gita gastronomica in un piccolo paesino del Friuli piuttosto che qualche ora al mare di Jesolo, decidi di preferire il verde dei prati e dei sentieri per arrivare, al blu del mare, allora vuol dire che hai semplicemente voglia di cambiare rotta e andare controcorrente, vuol dire che ti senti libero di scegliere e tutta la giornata passerà in modo sereno e piacevole.
Eccomi puntuale da voi, tornata da qualche ora da quella che si può definire una gita fuori porta. Un breve viaggio per assaggiare quello che secondo me è uno dei prosciutti migliori della nostra penisola: prosciutto crudo San Daniele.
San Daniele del Friuli è un piccolo centro incastonato in un fazzoletto verde di terra. Qui il clima è perfetto per la stagionatura del prosciutto, perchè le brezze del mare Adriatico si incrociano con quelle delle Alpi, la collina morenica tempera l'umidità e il fiume Tagliamento regola la temperatura.

Aria di festa, così intitola la 26°edizione di questo appuntamento friulano non poteva che essere qui. Dal 25 al 28 giugno San Daniele si anima, respira un'aria frizzante ed europea, data dai tanti visitatori italiani e stranieri che la popolano in questi giorni con degustazioni guidate da maestri assaggiatori, corsi di cucina che danno il tutto esaurito fino a sera, perchè di gente che vuol sapere, conoscere, imparare ce n'è tanta.
E' bello vedere l'interesse da parte della gente, dai giovani ai meno giovani, dagli uomini alle donne, tutti uniti per una passione comune: in questo caso specifico il prosciutto San Daniele.
Aziende di Friulano (Tocai) e prosciuttifici aprono le porte dei loro stabilimenti al pubblico con visita, degustazione e menù a tema.
In tutte le piazze del centro storico è inoltre possibile degustare il prosciutto San Daniele in purezza, al taglio di colore rosso con toni tendenti al rosato nella parte magra, gusto dolce e delicato, con piacevole vena sapida, mai salata, accompagnato se si desidera da grissini o melone fresco che vista la calda giornata era molto gradito.

Lungo tutte le stradine del centro storico piccoli chioschetti di prodotti tipici friulani, tra cui il frico, formaggio di origine carnica (Alto Friuli) che si presenta in due versioni: morbido e friabile. Il frico morbido si prepara con formaggi di diversa stagionatura, patate, cipolle, olio e sale e assomiglia nell'aspetto ad una grossa frittata. Il frico friabile invece è fatto di solo formaggio e si presenta più sottile e croccante. Entrambe le preparazioni sono spesso servite nel periodo invernale da polenta di mais o speck e funghi.

La lavorazione del Montasio con dimostrazione da parte di esperti e assaggio.

Pesca di Beneficienza con prosciutto San Daniele e altri premi gastronomici.


Ricostruzione della porcilaia e del suino del Friuli Venezia Giulia che rappresenta un prezioso patrimonio della tradizione locale per il peso non solo economico ma sociale e tradizionale che aveva per le famiglie friulane nei tempi passati, quando "dal purcit no si butave vie nuje".
Il prosciutto San Daniele dimostra come la qualità dei suini friulani sia di assoluta eccellenza.
Una festa quindi che ha come protagonista assoluto il Prosciutto crudo di San Daniele, attorniato ed elogiato da canti, balli, sorrisi, risate e brindisi con quello che è un altro grande prodotto di qualità locale: il friulano.
Ve lo ricordate quando ancora si chiamava Tocai? Nel 1993, per la prima volta l'Unione Europea decise di tutelare la denominazione ungherese "Tokaji" a svantaggio del "Tocai" friulano e italico.
Dal 2008, con un decreto ministeriale il tocai friulano diventa "Friulano", un vino fine, delicato, fruttato ed equilibrato, di colore giallo paglierino, con sentore di mandorla amara e armoniosa acidità.
E' un vino che non ama invecchiare e che va bevuto alla temperatura ideale di 12°C. Si sposa bene a piatti di carne bianca o a base di pesce, ma è ottimo anche come aperitivo.
Una giornata quindi all'insegna dell'allegria e del mangiar bene che è terminata con la parte che io preferisco: lo shopping gastronomico. Prosciutto crudo, speck e stinchi di una piccola azienda di grande qualità che da anni lavora con professionalità e rispetto per la tradizione. Capirete quindi che la prossima ricetta sarà proprio a base di carne di suino, in onore di San Daniele del Friuli.

domenica 27 giugno 2010

La torta di riso della zia Augusta


Ci sono ricette che fanno parte della tradizione, ricette che non vanno obbligatoriamente rielaborate per esigenze creative, ricette che vanno tramandate da nonne, zie e bisnonne e custodite con cura.
La torta di riso è una di queste. E' la torta emiliana per eccellenza, eppure se un giorno decideste di prepararla, trovereste mille e una ricette, ognuna diversa, ognuna con personalizzazioni non richieste.
Ieri, frugando nel quaderno di ricette di mia madre, che altro non è che un insieme di fogli svolazzanti semi consumati dal tempo, ho trovato lei. La ricetta della zia Augusta.
Ognuno in famiglia ha un "cavallo di battaglia" e lei è la maga della torta di riso. Non ho la presunzione di dirvi che questa è l'originale, ma per me lo è.
E' la torta di riso migliore che io abbia mai mangiato, bagnata al punto giusto, morbida e allo stesso tempo croccante, dolce ma mai stucchevole. La condivido con voi. E un giorno mi ringrazierete :-)


Ingredienti:
1 lt di latte fresco intero
buccia grattugiata di 1 limone
100 gr di mandorle pelate e tritate
100 gr cedro candito tritato
100 gr riso comune
300 gr zucchero
5 uova
1 bustina di vanillina
1/2 bicchiere di amaretto + Sassolino Stampa

In una pentola abbastanza grande mettete latte, riso, mandorle, cedro, zucchero e vanillina e lasciate cuocere fino a farli diventare una crema densa.
Lasciate raffreddare.
Aggiungete metà bicchiere di liquore e le 5 uova. Mescolate bene.
Ungete una teglia bassa di burro e cospargete di zucchero. Versate a questo punto il composto e infornate per 1 ora a 170°.
Quando diventa dorata, bucherellate con uno stecchino, versate il restante liquore e lasciate raffreddare.

Il sommelier consiglia: Bonfiglio, Pignoletto Passito 2008

sabato 26 giugno 2010

Carpaccio di tonno, rucola di campo, pesche noci e sesamo tostato


In questa stagione calda, assolata, non c'è nulla di meglio di qualcosa di fresco, gustoso ma leggero. Anche le più appassionate di cucina saranno d'accordo con me nel dire che si sta più volentieri lontano da fuochi, fiamme e forni accesi ma non lontano dalla cucina si intende.
Per noi non è un sacrificio il sabato sera organizzare una bella cena in terrazza, in giardino, a bordo piscina (i più fortunati) o in salotto e contornarsi di amici. O sbaglio?
Amo ricevere amici in casa, mi piace cucinare quindi è una gioia poter condividere quello che preparo con persone a me care e vi dirò che mi piace quasi più che uscire a cena fuori. Avrò preso da mio padre che dice sempre questa frase: "Come si mangia a casa mia..."
Piatti freddi quindi ma non scontati, tristi o impolverati. Qualcosa di poetico, di nuovo, di stuzzicante.
Ecco perchè vi propongo un carpaccio di tonno freschissimo, comprato oggi al mercato del pesce, con un insalatina di campo, pesche noci e sesamo tostato. ( nella foto ho dimenticato le pesche, nessuno me ne vorrà)
Un piatto semplicissimo da fare ma di grande effetto che stupirà i vostri ospiti (naturalmente amanti del pesce crudo).
Ingredienti: Per 6 persone
Due tranci di tonno freschissimo (o se preferite fatevi preparare le fette di carpaccio dal pescivendolo)
4 pesche noci
rucola o insalata
sasamo q.b.
salsa di soia
olio extravergine
sale
Preparazione:
Lavate le pesche, tagliatele a fette sottili e mettetele da parte, fate tostare in una padellina antiaderente il sesamo per pochi minuti.
Preparate il piatto ponendo al centro la rucola e le fettine di pesca, adagiate sopra il carpaccio di tonno, condite con olio, sale e sesamo tostato. A piacere servite un bicchierino con salsa di soia, per un tocco asiatico.

Il sommelier consiglia: Tenuta Bonzara, Colli Bolognesi Sauvignon Superiore Le Carrate 2007


venerdì 25 giugno 2010

Chi non beve vino ha qualcosa da nascondere.


Post datato 2 Aprile 2009. Data in cui questo blog non era neanche in previsione. L'ho ritrovato su una vecchia agenda e non posso non condividere con voi questa splendida degustazione.

Un'intera giornata al Vinitaly ha messo a dura prova il mio fegato.
Ho preso il treno barcollante e senza biglietto. Si, mi sono vergognata quando mi sono imbattuta nel controllore.
Ad ogni modo sono giunta a casa sana e salva e ora ho voglia di condividere con voi la mia più bella degustazione. 10 vini. I 10 vini che hanno fatto dell'Italia una terra di grandi Vini. 10 vini presentati dai rispettivi produttori e degustati dai primi sommelier mondiali. 10 vini per un pubblico accuratamente selezionato, del quale non facevo ovviamente parte, ma nel quale, come sempre, mi sono intrufolata.
E sentita perfettamente a mio agio circondata da prelibatezze culinarie, colori incredibili e profumi inconfondibili. Ve la riassumo. E io intanto ripasso.

1. Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 1999 - Ferrari -- Trentino
2. Franciacorta Cuvèe Annamaria Clementi 1997 - Cà del Bosco -- Lombardia
3. Vintage Tunina 2006 - Silvio Jermann -- Friuli
4. Gaia et Rey 2002 - Gaja -- Piemonte (una bellissima storia che accompagna questo vino)
5. Bricco dell'Uccellone 2006 - Braida - Giacomo Bologna -- Piemonte
6. Tignanello 2001 - Marchesi Antinori -- Toscana
7. Montevetrano 2004 - Silvia Imparato -- Campania
8. Masseto 2004 - Tenuta dell'Ornellaia -- Toscana
9. Amarone Vaio Amaron Serego Alighieri 2003 - Agricola Masi -- Veneto
10. Torcolato 2006 - Maculan -- Veneto

- I vini sono come le donne: differenti, misteriosi e volubili. Ed ogni vino, come una donna, va preso. Comincia sempre col rifiutarsi, con garbo o villania a seconda del temperamento, e si concede solo a chi aspira alla sua anima oltre che al corpo. Apparterrà a colui che lo sa scoprire con delicatezza. -

Feuilletè aux apricots



Oggi vi preparo un dolcetto delizioso, in stile parigino, di quelli che mangiavo da Paul, prima di andare all'università.
Paul è una meraviglia per gli occhi, una garanzia per il palato, un'istituzione a Parigi e provincia.
Une boulangerie, un forno-pasticceria in puro stile francese, di quelli che piacciono a me, semplici, color crema il suo interno, cestini in paglia pieni di fiori e spighe sulle credenze decapès, tavoli in legno grezzo dove poter degustare le sue delizie: baguette, parisienne, pain aux epices, pain aux noix, tarte aux fraises, gateau au chocolat, tartellete au citron, aux apricots, pain de campagne, escargot aux raisines, queste solo alcune delle friandises che questo angolo profumato di Parigi propone. Vado avanti o avete già l'acquolina in bocca?
Per quanto non ami la pasta sfoglia surgelata, ogni tanto mi capita, magari quando sono al supermercato con mia sorella, di afferrarne nel banco frigo una confezione e di tenerla in frigo. Poi arriva il giorno in cui penso di fare un dolce ma non avendo molta farina, decido di chiamare in causa proprio lei, la pasta sfoglia surgelata e creo la ricettina dei ricordi.
Si, penso che vi preparerò la sfoglia di albicocca, mandorle e crema, quella stessa che mangiavo a Parigi, da Paul.
E allora ti domandi se davvero una pasta sfoglia surgelata è così male.
Se nel fare una preparazione ci metti poi il cuore, l'anima, la passione, gli ingredienti giusti, si può anche usare un piccolo prodotto gia pronto, che alla fine facilita la vita, non credete?

Ingredienti:
1 rotolo di pasta sfoglia surgelata
crema della nonna: (500 gr di latte, scorzetta di un limone, 2 uova, 50 gr di farina, 100 gr di zucchero)
10albicocche mature e dolci
mandorle a lamelle q.b. o in farina
qualche fogliolina di menta fresca e zucchero a velo (per guarnire)


Come vedete, ho adoperato pochi ingredienti, perchè è davvero una preparazione semplice.
Per la crema, frullo insieme la scorzetta di un limone con lo zucchero e poi in un pentolino faccio cuocere tutti gli ingredienti a fuoco lento mescolando spesso con un cucchiaio di legno per 7-8 minuti finchè la crema non avrà raggiunto la sua consistensa.
Rivesto una tortiera con la pasta sfoglia nella sua carta forno e riempio di crema la base, spolvero di farina di mandorle e aggiungo le albicocche tagliate a metà. Inforno per 35 minuti a 180. Quando la torta sarà dorata e profumata, aggiungo lo zucchero a velo, le foglioline di menta e servo calda magari con una pallina di gelato alla crema.
Vi consiglio, se la fate in questa stagione calda, di conservarla in frigorifero.
A questo punto anche una fettina di torta fredda, accompagnata da un bicchiere di tè aromatico con qualche cubetto di ghiaccio e qualche fogliolina di menta, è un ottimo tè delle 5.


Il sommelier consiglia: Poderi Dal Nespoli, Bradamante 2006

Paccheri in fiore

La pasta dei poveri. I famosi schiaffoni napoletani "co' a pummarola 'ngoppa".
In assoluto, la mia pasta corta preferita. Grossi, corposi, consistenti. Come raccoglie il sugo questa pasta, non lo fa nessun altra. Scolati qualche minuto prima e lasciati mantecare in padella con il loro condimento, non hanno paragoni.
Oggi ve li propongo in una versione primaverile-estiva, semplice, genuina e assolutamente personalizzabile per quanto riguarda il formaggio fresco.

Ingredienti:
400 gr paccheri di Gragnano
zucchine con fiori di zucca
squaquerone (potete utilizzare stracchino, crescenza, etc.)
cipolla
olio
sale

In una padella preparate un soffritto di cipolla, nel quale farete stufare le zucchine a rondelle e i fiori di zucca (mi raccomando, lavateli delicatamente perchè potrebbero rompersi). Salate a vostro piacere.
A parte cuocete i paccheri in abbondante acqua salata e quando ancora al dente, scolateli e lasciate terminare la cottura in padella, amalgamando bene il tutto con lo squaquerone (che creerà una cremina deliziosa).

Il sommelier consiglia: Benito Ferrara, Greco di Tufo 2008

giovedì 24 giugno 2010

Gnocchetti di ricotta con crema di patate, fagiolini e basilico.



"La Parola sembra tragga origine dalla parola latina nucleus da cui poi derivò nocchio e in inglese gnalr. Ma in dialetto Veneziano nocchio veniva pronunciato Gnoco e al plurale ovviamente Gnochi. Per via logica in italiano divenne Gnocco e Gnocchi. Se poi mette vicino la parola italiana Gnocco con quella Inglese Gnarl trovate in esse le stesse consonanti inziali GN quindi in sostanza si può dire che l’origine della parola, sia per l’italiano che per l’inglese, sia la parola latina"

Svegliarsi una domenica mattina con la febbre, aprire il frigorifero e trovare un solo vasetto di ricotta. E doversi inventare qualcosa a tutti i costi, perchè la voglia di cucinare è, come sempre, troppa.
La farina non manca mai nella mia dispensa e allora, gnocchi di ricotta. Facili, veloci e assolutamente versatili per ogni condimento.

Ingredienti:
250 gr di ricotta
160 gr di farina
5 cucchiai di parmigiano reggiano
1 uovo
sale
noce moscata

per il condimento:
3 patate
fagiolini
basilico

In una terrina unite la farina alla ricotta precedentemente sgocciolata. Aggiungete l'uovo, il sale e la noce moscata. Iniziate ad impastare con le mani, inserendo per ultimo il parmigiano. Continuate a modellare la pasta fino ad ottenere una palla omogenea e soda.
Tenete in frigorifero per circa una mezz'ora.
Aiutandovi con la farina, formate delle striscioline di 2-3 cm di diametro, tagliate con la parte non tagliente del coltello dei piccoli gnocchi e cuocete in abbondante acqua salata.
A parte, fate lessare con poca acqua le patate a pezzetti e i fagiolini. Quando saranno ben cotti, frullate il tutto fino ad ottenere una crema consistente.
Quando gli gnocchi sono pronti, saltateli in padella con la crema di verdura, qualche foglia di basilico e un filo di olio extra vergine di oliva.

Il sommelier consiglia: Cà del Bosco, Franciacorta Rosè Cuvèe Prestige

La puccia culle ulie e il mare dei ricordi

« Il Salento è una terra di miraggi, ventosa; è fantastico, è pieno di dolcezza;
resta nel mio ricordo più come un viaggio immaginario che come un viaggio vero. »

(Guido Piovene, Viaggio in Italia)


Nelle mie vene scorre sangue salentino. Padre, nonni e molti altri prima di loro. Inevitabile quindi non amare questa terra rossa come il mattone, le sue case bianche e terrazzate, il suo mare intenso e profondo, impossibile non restare incantati da questo estremo lembo di Puglia, chiamata dai Greci Messapia, terra fra i due mari, lo Ionio e l'Adriatico.
Io, da bambina, in quel mare, lo Ionio, facevo il bagno e tutte le estati diventavano magiche.
La magia era data dalle avventure che ci faceva vivere ogni giorno la nonna appena aprivamo gli occhi la mattina. Una colazione semplice ma insolita fatta di frisella con pomodorini, sale e olio e via al mare, alla scoperta di conchiglie, patelle, cozze e sassolini colorati e poi in acqua a cercare i ricci sui fondali, sugli scogli e ancora lunghe passeggiate accompagnate da storie bellissime. E poi a casa a fare la doccia all'aperto vicino all'albero di fico mentre "le donne" preparavano il pranzo. Uno potrebbe immaginarsi il pranzo estivo in modo fugace. E invece i pranzi a casa della nonna erano trionfi di verdure, pesci, formaggi e buonissime e fragranti pucce culle ulie , dei panini con le olive, i pomodorini e la cipolla, tipici del Salento. A lecce e provincia non c'è forno o rosticceria che non abbia le pucce, di diversi formati, di diversi gusti ma sempre pucce.
Queste immagini di vita mi fanno pensare ai film di Ferzan Ozpetek, dove la cucina ha sempre un ruolo importante se non fondamentale. Cito un estratto di una sua testimonianza riferita al suo ultimo film "Mine Vaganti", girato proprio nel Salento.

“E’ vero, la cucina è molto importante nella mia vita. Fin dall’infanzia la tavolata è stata per me qualcosa quasi di sacro. Le tavolate mi sono sempre piaciute. E poi sono stato influenzato dalla cucina del Salento, la varietà di colori, i preparativi con cui ci accoglievano. Ma ho girato questo film senza pensare ad un discorso che continua, ho inserito istintivamente ciò che mi piaceva” .

Alla sera si faceva la passeggiata sul lungomare e si comprava alla modica cifra di 500 lire un calzone fritto e farcito di pomodoro e mozzarella o un rustico, il mio preferito, una sfoglia ripiena di pomodoro e besciamelle, cotta al forno. Ho ancora l'acquolina in bocca al pensiero.
Sono ricordi così vivi dentro di me che è difficile dimenticarli. E perchè mai dimenticare momenti felici della vita?
Oggi per voi, preparo la puccia, non sarà quella tradizionale salentina ma era quella che faceva la mia nonna, quindi con un valore aggiunto.
Ingredienti:
500 gr di farina
1 cubetto di lievito di birra
30 gr d'olio
250 gr di acqua
1 cucchiaino di sale fino
10 pomodorini ciliegino o pachino
1 cipolla di Tropea
origano q.b.
5 olive nere

Preparazione:
Impasto la farina con il lievito sciolto in un pò d'acqua tiepida, aggiungo il sale, l'olio extravergine e l'acqua fino a quando il composto avrà una consistenza compatta ma appiccicosa. Faccio lievitare per un'ora e mezza, due ore in una ciotola coperta da un panno.
Nel frattempo taglio i pomodorini, la cipolla e le olive a dadini. Quando l'impasto è lievitato aggiungo tutti gli ingredienti compreso il sale e l'origano e impasto il tutto formando una pagnotta o tante piccole pagnottine di pane che faccio cuocere in forno caldo per 30 minuti a 180°.

Il sommelier consiglia: Vinicola Resta, Le Vele Rosato 2008

mercoledì 23 giugno 2010

Mezzelune di pesto con salsiccia e mozzarella


Ieri a Treviso c'era il mercato.
Banchetti dai mille colori riempiono la piazza di una naturale armonia con i palazzetti circostanti, il cielo azzurro e il sole caldo che scalda gli animi e fa star bene.
Una mattina felice.
Mentre mi aggiro tra i mille colori di erbe, fiori e piante, vengo rapita da un profumo che per me non ha eguali. Un profumo che non stordisce, non dà alla testa. La sua grazia mi commuove e basta lasciar cadere qualche foglia nel sugo o sull'insalata di pomodori per essere trasportati nei caldi paesi del sud.
Sto parlando del basilico, quando non sento il suo profumo in casa già mi manca. Non posso immaginare un pomodoro senza un filo d'olio, una fetta di pane caldo e qualche foglia spezzettata di basilico fresco. Non conosco piacere più semplice.
Ne compro due mazzi grandi e profumatissimi. Mi dicono che è proprio quello per il pesto.
Torno a casa felice. E subito entro in cucina, lavo le mani, indosso il grembiule e inizio a creare.
Non ho il mortaio, ma presto ne comprerò uno, magari quando vado a Genova, in settembre.
Nel frattempo utilizzo il mio vecchio e fedele frullatore. Basilico fresco dalla foglia larga, arricciata, profumatissima erba aromatica campana, pistacchi di Bronte, sale, parmigiano reggiano e olio extravergine, nulla di più semplice e di più meraviglioso.
La cucina prima di tutto si immagina, prima di essere fatta. Capirete cosa sto provando in questo momento.
Un pesto verde intenso e profumatissimo nei vasetti e il frullatore sporco di pesto.
Che faccio? lo lavo o ci impasto qualcosa.
Farina, burro, sale e acqua. Una pasta brisè verde, profumata al basilico.

La puttanesca dai facili costumi


"Questi maccheroni, sebbene più ricchi dei loro parenti, si chiamavano alla marinara. Ma subito dopo la seconda guerra mondiale, a Ischia, il pittore Eduardo Colucci, non so come ne' perche', li ribattezzò con il nome con cui oggi è generalmente conosciuto.
Colucci, che viveva per gli amici, d'estate abitava a Punta Mulino - in quel tempo uno degli angoli più pittoreschi di Ischia - in una rustica e minuscola costruzione; camera con cucinino e un terrazzo in mezzo al quale si innalzava un albero di ulivo.
Oltre ai consueti più intimi amici, sfilavano sulla sua terrazza le più svariate personalità italiane e straniere. E lui, dopo aver offerto come aperitivo un fresco e genuino vinello d'Ischia, improvvisava spesso una cenetta a base di questi maccheroni che erano la sua specialità"


Jeanne Carola Francesconi -"La cucina Napoletana"

Pasta alla puttanesca. Un classico che necessita una rivisitazione.
Potremmo alleggerire questo splendido condimento utilizzando pomodorini pachino e sostituendo le acciughe con un altro ingrediente o potremmo osare con una ricetta completamente nuova?
Capperi, olive e pomodoro restano un punto fermo.
Eliminiamo le acciughe e il prezzemolo e osiamo un formaggio, non troppo saporito per evitare la prevalenza dei sapori. La provola dolce affumicata fa al caso nostro.

Ingredienti:
400 gr fusilli ricci
10 grosse olive nere
un pugno di capperi di Pantelleria
provola affumicata a cubetti
pomodori pelati
aglio
sale
olio

In una padella preparate un soffritto di aglio con un filo di olio extra vergine di oliva e aggiungete i pelati. Salate, aggiungete le olive nere intere, i capperi e lasciate cuocere a fuoco lento.
A parte cuocete i fusilli in abbondante acqua salata e quando ancora al dente, scolate e finite di cuocere nel condimento appena preparato. Aggiungete per ultima la provola fino a farla sciogliere.

Il sommelier consiglia: Foraci, Inzolia - Chardonnay 2008

martedì 22 giugno 2010

Un assaggio di Provenza


Una cartolina romantica d'altri tempi...così mi piace pensare all' Haute Provence.
Da ragazzina, ho vissuto un'intera estate in Provenza, tra Saint Paul de Vense e Valensole, lunghe distese viola che si spandono a perdita d’occhio verso il limite dell’orizzonte, punteggiate qua e là da mandorli in fiore. Uno spettacolo che lascia stordito per il profumo inebriante di questi piccoli fiorellini viola-blu e per cotanta bellezza. Da allora non ho più smesso di amare questa piccolo fazzoletto di Francia, questa romantica coperta di profumi e colori costellata di cittadelle e paesini arroccati quà e là.
Nel mio giardino ho piantato tre grandi piante di lavanda per rivivere un pò quei luoghi, quella magica atmosfera che si respira in Provenza.
E quando mi assale la nostalgia di quei luoghi, preparo qualcosa che me li ricordi, nell'attesa di poterci tornare.
La lavanda oltre ad essere utilizzata per le sue proprietà officinali e rilassanti, è un ottimo profumo naturale per la biancheria, un piccolo piacere a cui molti non rinunciano, me compresa.
Ma può essere utilizzata anche in cucina per aromatizzare marmellate, insaporire stufati e impasti dolci e salati o per decorare torte.
Oggi, ho preparato per voi delle tortine alle pesche e fiori di lavanda. Spero in una lieta sorpresa.

Ingredienti:
200 gr di farina
100 gr di zucchero
100 gr di burro
1/2 bustina di lievito
1dl di latte
3 uova
2 fiori di lavanda
2 pesche

Preparazione:
Per prima cosa faccio fondere il burro in un pentolino o nel microonde. In una terrina unisco lo zucchero al burro e li monto assieme. Separo i bianchi d'uovo dai tuorli e unisco questi ultimi al composto di zucchero e burro. Aggiungo il latte, la farina e il lievito e continuo a mescolare con la frusta. Monto i bianchi a neve ferma e amalgamo delicatamente al resto. Aggiungo le pesche tagliate a pezzetti. Verso il composto nei pirottini di carta e guarnisco con fiorellini di lavanda.
In forno a 180° per 20 minuti.
I fiori di lavanda, con il calore del forno sprigioneranno tutto il loro profumo che si sposerà alla pesca divinamente.


Con questa ricetta partecipiamo al contest "Ti cucino così ... con i fiori"

Cookies burro di arachidi e avena


Ipercalorico e buonissimo, il burro di arachidi è un alimento molto comune e quasi indispensabile nell'alimentazione statunitense.
La sua invenzione verrebbe attribuita ad un farmacista di St. Louis, George A. Bayle jr., il quale nel 1890 creò questo alimento come sostituto proteico della carne. Nel 1895 i fratelli Kellogg presentarono un loro brevetto per la preparazione del burro di arachidi e da allora iniziò a spopolare.
In Italia si trova ormai facilmente anche nella grande distribuzione, anche se, da bravi salutisti, gli italiani stentano ad utilizzarlo nelle proprie ricette.
Io, ovviamente, lo adoro.
E oggi vi propongo un ottimo biscotto con l'aggiunta dell'avena e del burro salato. Pronti?

Ingredienti:

150 gr burro arachidi
100 gr burro salato
4 pugni fiocchi avena
1 uovo
200 gr zucchero
170 gr farina
2 cucchiaini di lievito 

Mescolate le due tipologie di burro insieme allo zucchero fino ad ottenere un composto cremoso.
Inserite l'uovo, facendolo amalgamare bene. Aggiungete infine la farina, il lievito e i fiocchi di avena.
Impastate con le mani formando una palla che ricoprirete di pellicola trasparente e terrete in frigorifero per circa 30-35 minuti.
Una volta pronta, formate con l'impasto delle palline schiacciate, tenetele a giusta distanza per evitare che si "incollino" una all'altra, e infornate per 20 minuti a 180° (preriscaldato).

Il sommelier consiglia: Agricole Vallone, Passo de le Viscarde 2003

lunedì 21 giugno 2010

Tira - mi - sù


La storia più fantasiosa riguardante le origini del tiramisù narra di un pasticcere torinese che, in seguito ad una richiesta dell'allora primo ministro Camillo Benso Conte di Cavour, creò un dolce che sostennesse il goloso statista nella sua difficile opera di unificare il territorio italiano. Da qui il nome, appunto, di "tiramisù".

E chi non ha bisogno ogni tanto di una piccola carica dolce per far tornare il sorriso?
Il tiramisù è il classico dessert che ognuno fa a modo suo. C'è sempre l' amico che ti dice "mia madre lo fa così", l' amica che "come lo faccio io non lo fa nessuno", la conoscente perennemente a dieta che "il tiramisù si fa con la ricotta light e non con il mascarpone". Benissimo. Il mio non sarà quello di Pompi a Roma, ormai storico anche per i non romani, ma si difende bene.
Seguitemi in cucina.


Ingredienti:
1 confezione biscotti secchi (io uso i Novellini)
100 gr cioccolato fondente
1 bicchiere di caffè
250 gr mascarpone
2 uova
zucchero q.b. (perdonatemi, ma l'ho messo a occhio!)
cacao amaro


Sciogliete il cioccolato fondente a bagnomaria.
Separate gli albumi dai tuorli e unite a questi ultimi lo zucchero, sbattendo con una frusta energicamente. Aggiungete il mascarpone a questo composto evitando di formare grumi.
A parte montate a neve 1 solo albume che incorporerete al mascarpone.
Iniziate ora a creare una base (in un bicchiere trasparente) di biscotti "inzuppati" nel caffè, a seguire il cioccolato sciolto a bagnomaria e infine la crema di mascarpone. Proseguite per 2 o 3 strati.
Per ultimo coprite con cacao amaro.
(un consiglio: aggiungete le noci tagliate grossolanamente per un risultato più deciso)


Il sommelier consiglia: Fattoria Zerbina, Albana di Romagna Passito Arrocco 2006

Con questa ricetta partecipo al contest Fresche Dolcezze D'estate

Risi e bisi a km 0


Ieri sono tornata in campagna per la seconda volta in una settimana. Ne è valsa la pena fare qualche km per raccogliere i piselli freschi direttamente dall'orto del contadino e così preparare la gustosa ricetta di oggi.
Sono e lo avrete capito, a favore dei prodotti di stagione.
Si, mi piace creare ma questo non vuol dire che non si possa fare con ingredienti di questo periodo dell'anno.
Si può avere alta qualità e innovazione rispettando la stagionalità.
Preparare un 'piatto a km zero' vuol dire proprio realizzato con prodotti allevati, coltivati o raccolti a una distanza minima dal punto in cui gli stessi prodotti vengono preparati e serviti, che sia una casa privata o un ristorante.
Risparmio economico per noi consumatori, salute stessa visto che sappiamo quello che mangiamo, crescita economica della nostra zona di produzione e soprattutto benessere per la mente e per il cuore: perchè vivere un giorno all'aria aperta, con il fidanzato, con gli amici, con i bambini, a contatto con la natura, respirare la terra, l'aria, il sole, l'acqua, il vento e assaporare i prodotti che nascono da e grazie a questi, è un regalo che noi ci facciamo.
Quando andate a fare la spesa quindi non lasciatevi tentare dal prodotto che viene dal Perù, dal Cile, dai Paesi Bassi, dall'Africa. Il pomodoro a dicembre, anche se è bello, tondo e rosso sarebbe meglio non comprarlo perchè non sappiamo da dove arriva, come viene coltivato e perchè prima di arrivare sulle nostre tavole ha fatto parecchi viaggi in aereo, nave e camion.
In questa stagione per esempio comprate i piselli, le melanzane, le zucchine, i fiori di zucca, fatevi contagiare dal gusto dolce delle albicocche, delle prugne, delle ciliegie. Ci sono un'infinità di ricette a base di questi meravigliosi frutti che il nostro paese produce.
Le scelte di noi consumatori sono determinanti per il futuro dell'agricoltura italiana, ecco perchè ci tengo molto a trasmettere anche a voi, questo concetto, questo modo di vivere sano e italiano.

Dopo questa lezione di politica agricola, torno alla mia ricetta di oggi portando in tavola un piatto della tradizione veneta.
I bisi, ovvero i piselli, e il riso sono due prodotti tipici di questa regione che la sapienza contadina ha saputo unire creando una ricetta semplice, genuina e autentica.


Ingredienti: per 4 persone
500 gr di piselli freschi o surgelati
300 gr di riso
60 gr di burro
50 gr di pancetta
1 cipolla
sale, pepe q.b.
2 lt brodo vegetale
parmigiano grattuggiato

Preparazione:
Separo i piselli dai bacelli e in una pentola faccio soffriggere la cipolla e la pancetta con un pò di burro: su questa base aggiungerò i piselli e un pò di brodo vegetale.
Faccio stufare per circa 10 minuti affinchè i piselli si inteneriscano.
Aggiungo il riso e mescolo con un cucchiaio di legno, affinchè si insaporisca bene con il condimento e verso il brodo vegetale bollente, poco alla volta. Faccio cuocere 15 minuti, in base al riso che avete scelto. Quando il riso sarà quasi cotto, manteco con una noce di burro e il parmigiano.
E' un piatto molto nutriente, via di mezzo tra un risotto e una minestra, in quanto non deve essere nè troppo asciutto nè troppo brodoso.
Ottimo anche per i bambini.

domenica 20 giugno 2010

La Bourgogne, en toute simplicitè.


Ho scritto questo post circa un anno e mezzo fa. Vivevo a Milano, lavoravo nel marketing aziendale, non avevo il tempo di respirare e l'enogastronomia era solo una splendida passione. Da coltivare nei pochi giorni "liberi".
Racconto di un viaggio per cantine francesi, di una vita che non mi appartiene più (e chissà se mai mi sia appartenuta), di un paesaggio unico e di gente genuina.
Mi sembrava giusto condividerlo con voi.

Sabato
Uno di loro in momento di silenzio esordisce con questa frase: “certe cose non si possono raccontare. Bisogna viverle”. Loro sono i miei compagni di viaggio, decisamente male assortiti, prevalentemente uomini, ognuno di nazionalità diversa. Le certe cose sono un vigneto color oro visto dall’alto di una campagna rigogliosamente verde, un miliardo di oche selvatiche spiccate in volo con elegante decoro e disciplina, un bicchiere di Chablis al tramonto, circondata da vigne, ovunque.
Oggi mi sono chiesta diverse volte cosa ci facciamo qui io e mio padre. L’unica persona con cui ho parlato è tale Pavel, direttore generale Mercedes per l’est europa. Abbiamo provato a capirci. Sembra simpatico. E’ polacco, abita a Varsavia, ma parla un perfetto francese.
Io sono italiana e non parlo un perfetto francese. Ma diciamo che lo Chablis unisce tutti. Polacchi e non. Ignoranti e non.

La Borgogna è un territorio commovente. Credo non si possa rimanere freddi davanti a un tale spettacolo di colori e profumi. Chablis è tremendamente caratteristica. Non esiste altro all’infuori del vino e la gente sembra contenta. Appena arrivati, il produttore di vino che ci ospita ci ha accolti dicendo in un comprensibile francese “se io fossi un medico, non prescriverei mai medicine, ma solo ottimi bicchieri di Chablis”. A seguire “ il Grand Cru è come noi uomini, più invecchia, più migliora….le donne preferiscono il petit Chablis..ahh, non capiscono nulla”.
Ho da subito capito di trovarmi per l’ennesima volta nella mia vita, in mezzo a uomini di mezz’età a dover spalleggiare battute sulle donne, ripetibili e non. Con mio padre è sempre cosi. Ma alla fine è divertente. E si capiscono tante cose. Tante altre cose.
Il proprietario della tenuta dello Chablis ha 3 figli ed è divorziato. E’ qui con la nuova compagna, un avvocatessa polacca 20 anni più giovane. Loro parlano un modesto italiano e allora li eleggo miei compagni per i prossimi giorni.

In posti come questo inevitabilmente ragioni sulla tua vita. Milano, l’ufficio, la poca ambizione e voglia di vivere della gente che ti circonda. E tu non vuoi vivere cosi. Non vuoi diventare cosi. Tu li, su una montagna affacciata sui vigneti color oro che brillano al tramonto e il tuo Chablis in mano ci stai bene. Anche solo per un giorno ma ci stai bene. E sai dentro di te che la tua vita sarà un’altra. Sarà viaggiare, sarà ridere, sarà guardare tramonti sempre diversi, sarà gustare sapori sempre nuovi, annusare profumi caratteristici, creare un qualcosa di tuo. Sarà condividere questi momenti con una persona, con più persone. Sarà ridere, ridere, ridere.



A pochi km da Chablis, c’è Auxerre, una vera e propria cittadina con una splendida cattedrale e degli ottimi formaggi. Anche qui sembra che il tempo si sia fermato. E’ tutto tremendamente preciso, ordinato, educato. Inizio a sentirmi in soggezione davanti ad un tale rigore, ma i miei compagni di viaggio mi portano ben presto lontano dall’ordine. Della cena di gala e del momento dell’incoronazione di mio padre a Cavaliere dello Chablis ricordo 12 portate accompagnate da 12 diverse tipologie di Chablis, ricordo di aver parlato tutta sera con un geriatra di Teheran che vive a Montecarlo, cuoco per passione. Non so in che lingua possiamo aver parlato, ma ci siamo capiti. Mi affascina la medicina, in qualunque sua specializzazione. Forse mi affascina l’idea di lavorare per gli altri. Fare un lavoro non solo utile, ma di importanza vitale, per gli altri.
Ricordo mio padre salire sul palco decisamente emozionato, ricordo l’atmosfera di una confraternita. Si, era una vera a propria confraternita di persone provenienti da tutto il mondo, meritevoli di aver fatto qualcosa di importante nella loro vita e di avere la passione per il buon vino e la buona cucina. Ricordo di aver fatto tante foto. Ricordo il foie gras che ho lasciato nel piatto, ricordo il freddo gelido all’uscita prima di sbagliare strada. Ricordo di essere andata a letto pensando “ devo bere meno”.
E sono crollata.



Domenica
La domenica mattina a Chablis c’è il mercato. Ho lasciato tutti in giro per cantine e sono stata nella bellissima chiesetta del centro. “Oggi parliamo di amore” esordisce il parroco durante la predica. L’amore per il prossimo. E’ stato un momento fortemente coinvolgente. Lui girava tra i banchi, chiedendo alle persone di tornare a casa, guardare il proprio compagno/a e dirgli qualcosa di bello, fargli un complimento o semplicemente confidargli una cosa mai detta.
La gente sorrideva. Anche io sorridevo e nel contempo pensavo, in italiano, alla mia vita.
Lo so, mi capita ormai quotidianamente di ragionare su me stessa e sulle mie scelte. Penso troppo, se tutti se ne lamentano, ci deve essere un motivo.
E’ che gli ambienti non tuoi inevitabilmente ti spingono al confronto e dal confronto normalmente si esce con più dubbi di prima. Ho pensato che accanto a me vorrei una persona vera, genuina come me, che apprezzi la buona tavola, il buon vino, una buona risata. Che sappia stare in compagnia, che sappia scherzare con se stesso, che prenda il modo cosi com’è, con una risata.
Ho pensato che la vita è splendida e ci sono mille posti da visitare e milioni di persone belle da conoscere e da ricordare. Ho pensato che è tutto cosi semplice, anche se non sempre come vogliamo, e allora dovrei smetterla di complicarmi la vita. Ho capito che se tu non chiami, difficilmente qualcuno chiama, e che troppe persone si avvicinano per un interesse. E pensare che basterebbe un “come stai?” per rendere tutto più bello.

Ho pensato che sono una bella persona e che a Chablis sono la benvenuta.
Al cibo, vino, al sole, alla compagnia e ad una sana risata.
Merci.

sabato 19 giugno 2010

Il tempo va condiviso


In questo periodo dell'anno gli orti sono un tripudio di colori e sapori e spesso mi piace ritagliarmi qualche ora della settimana per andare in campagna e respirare "aria buona", come si usa dire, magari solo per passeggiare lungo i filari delle vigne del nonno, sussurrare e non gridare, ammirare i paesaggi meravigliosi o prendermi il mio tempo da condividere con chi amo.
Spesso si dice che non si ha più il tempo di far nulla. Credo fortemente non sia vero, se si ha la voglia di far qualcosa, il tempo lo si trova. Il tempo va condiviso. Riprendersi il proprio tempo e quella lentezza che ci permette di comprendere una pausa del discorso, uno sguardo, un sospiro, vivere un tramonto, un fiore che nasce, un asinello che prende il latte dalla madre, una gallina che corre per i filari; sono momenti spensierati in cui stacchi con la quotidianità e ti lasci cullare dalla natura.
Condividere con un bambino questi momenti di forte contatto con la natura, è qualcosa di unico.
Vivere i bambini stupiti, meravigliati, felici nel vedere come un piccolo seme possa diventare fiore e poi frutto, come un vitellino possa aver bisogno della mamma come un bambino, permettergli di dare un nome ad ogni animale del cortile, beh, tutto questo non ha prezzo.
Renderli partecipi nella raccolta della frutta e della verdura, coinvolgerli facendogli portare i cestini carichi di delizie, li fa sentire grandi e li fa crescere in modo sano.


Quella che vi propongo oggi è una semplicissima, povera, genuina ricetta a base di tre ortaggi di stagione, zucchine, patate novelle e cipolle che abbiamo colto ieri in campagna, io e il mio bimbo.
Sono molto legata a questo piatto. E quando lo preparo, vuol dire che l'estate è arrivata.
E' un piatto dei ricordi, così mi piace definirlo. Mia madre lo preparava spesso la mattina prima di andare al mare, così quando si tornava a casa affamati, ci deliziava con il suo stufato fatto con ingredienti semplici, di stagione.


Ingredienti: per 6 persone

6 patate novelle di media grandezza
10 zucchine (bianche e verdi piccole)
4 cipollotti o 2 cipolle bianche
olio extravergine
brodo vegetale
1 cucchiaino di sale
basilico


Lavo bene le verdure e le taglio a pezzi.
In una casseruola faccio soffriggere l’olio e i cipollotti fino a quando si saranno dorati, a quel punto aggiungo le patate, le zucchine, il basilico e un bicchiere di brodo vegetale, copro con un coperchio e lascio stufare. Dopo circa 20 minuti, lo stufato è pronto. Potrete gustarlo come piatto unico accompagnato a formaggi freschi, latticini oppure come contorno per carni alla griglia.

Il sommelier consiglia: Leone de Castris, Five Roses 2008

Gnocchi di semolino verdi al pistacchio


Come utilizzare il pesto di pistacchi appena preparato? Certo, ottimo condimento per una pasta fresca, ma oggi ho voglia di creatività, dopo troppo giorni con le mani a riposo.
Rivisitiamo un piatto ormai talmente comune da risultare noioso?
Gnocchi alla romana. Con un pizzico di thè matcha. E tre cucchiai di pesto di pistacchi brontesi.
Si comincia.

Ingredienti:
500 ml latte intero
100 gr di semola grossa per cous cous
1 tuorlo 
3 cucchiai di pesto di pistacchi
1 cucchiaino di thè matcha (facoltativo)
1 noce di burro salato
parmigiano reggiano

per condire:
burro salato
parmigiano reggiano

In un pentolino portate a ebollizione il latte e quando pronto versate a pioggia la semola mescolando con una frusta per circa 5-7 minuti fino a renderla densa. Sostituite la frusta con un mestolo di legno per rendere più comodi gli ultimi passaggi. Raggiunta la consistenza desiderata, spegnete il fuoco, aggiungete la noce di burro, il thè matcha, il pesto di pistacchi e per ultimo (quando il composto si è raffreddato leggermente) il tuorlo sbattuto insieme al parmigiano.

Versate su un tagliere e lasciate raffreddare. Con un coppapasta ricavate dei dischi che andrete a sistemare in una pirofila di ceramica. Coprite di fiocchetti di burro e parmigiano e sistemate in forno (preferibilmente funzione "grill") a 180°per qualche minuto. Quando vedrete formarsi una crosticina croccante, saranno pronti.

Il sommelier consiglia: Donnafugata - Contessa Entellina, Inzolia Vigna di Gabri 2008

venerdì 18 giugno 2010

Pesto Brontese


Mi mancava terribilmente questo computer, questo grembiule, quest'odore.
E così, eccomi tornata a casa. L'esperienza televisiva* che sto vivendo non mi permette di pubblicare ricette quotidianamente, ma ho due giorni liberi davanti a me e li dedico a voi e alla cucina, che non smette di regalarmi sorprese.

Come avrete letto, mi sono ritagliata tre giorni in Sicilia e ho deciso di viverli attraverso le persone del posto. I preziosi consigli, i segreti delle ricette, gli inviti nei ristoranti indimenticabili e le mangiate di gusto davanti ad un'Italia "nel pallone".
Questa che vi riporto è una delle mille ricette del pesto di pistacchi, molto utilizzato nella zona di Bronte, semplicissimo e, da oggi, assolutamente d'obbligo nella mia dispensa.

Ingredienti:
100 gr Pistacchi di Bronte
Olio evo
Sale
Pepe

Sminuzzate i pistacchi e con un mortaio "pestate" il composto, aggiungendo olio, sale e pepe.

- Potete variare il classico, aggiungendo a piacimento noci, pepe, scorza di limone, basilico, parmigiano o pecorino -


* un po alla volta, vi dico tutto.

Il sommelier consiglia:  Barraco, Zibibbo 2007

Parmigiana di melanzane


"Quando avrete fritti i marignani, prendete il piatto che dovete servire, ungetelo di butirro, e sopra parmigiano grattato e un poco di Culì e pepe schiacciato, fateci un suolo di marignani, condite nella stessa guisa e seguitate così suolo per suolo. Fateli stufare ad un forno temperato, e serviteli asciutti" (L'Apicio Moderno F.Leonardi, 1790)

Nel settecento si diffuse, nelle cucine borghesi italiane, un modo di preparare ortaggi fritti e lessati, disposti a strati in una teglia, cosparsi di burro e parmigiano, e poi messi al forno a gratinare. Questa preparazione era detta "al parmigiano".

Ne L'Apicio Moderno di Francesco Leonardi troviamo proprio la ricetta di "Marignani al parmigiano" che già prelude ad una preparazione simile alla parmigiana perchè gli strati prevedono melanzane fritte, condite con pepe, parmigiano, sugo di carne, poi fatte gratinare in forno.
A Napoli, dove nasce la ricetta, si cominciò a cambiare la dizione e chiamare Parmigiana di melanzane o zucchine, finocchi, aggiungendo la provola dolce o la mozzarella.
Come altre ricette originarie del mezzogiorno italiano ed in conseguenza alle emigrazioni popolari da quelle terre, la parmigiana è oggi diffusa in tutto il mondo, conservando e nobilitando la tradizione d'origine.

Come vi ho già detto altre volte, ho un debole per le melanzane e la Parmigiana, tout court, è il assoluto il mio piatto preferito, ma dev'essere fatta ad arte.
Questa che sto per darvi è la ricetta della mia famiglia.

(per 6-8 persone)

1 kg e mezzo di melanzane (visto che un pò dobbiamo lavorare per prepararla, meglio che la parmigiana basti per due volte)
300 gr di mozzarella vaccina
1 kg di pomodori pelati
100 gr di parmigiano
Olio extravergine
sale
basilico
aglio (anche se molti utilizzano la cipolla)

Per prima cosa lavo le melanzane, le taglio a fette lunghe e le metto in un colapasta, cosparse di sale grosso e con un peso sopra per perdere l'amaro. Successivamente le friggo in abbondante olio extravergine, senza passarle nell'uovo come molti fanno, e le lascio riposare su carta assorbente.
Molte signore napoletane che ho avuto modo di conoscere negli anni dicono che le melanzane vanno fritte la sera prima e poi preparate con gli altri ingredienti, la mattina successiva.
Non tutti ne abbiamo il tempo ma attendere qualche ora dalla frittura alla preparazione è una buona cosa che consiglio anche io.
Fritte le melanzane, si prepara il sugo di pomodoro che andrà a condirle: 1 kg di pomodori freschi o di pelati da soffriggere con poco olio extravergine e due spicchi d'aglio. Non aggiungo altri grassi, in quanto le melanzane, friggendo, ne avranno assorbito a sufficienza.
Preparo una teglia o pirofila, metto tre cucchiai di salsa al pomodoro sul fondo e comincio a disporre a strati le fette di melanzane, la salsa, la mozzarella a fette, tanto basilico, e ancora melanzane, salsa, mozzarella e basilico fino a terminare con la salsa e il parmigiano sull'ultimo strato.
In forno caldo per una mezz'ora.
La parmigiana non va mangiata calda ma lasciata intiepidire e magari mangiata il giorno dopo.

La genuinità di questo piatto consiste nella fragranza delle melanzane, nella freschezza del pomodoro e del basilico, nella semplicità dei formaggi e soprattutto nell'equilibrio fra questi sapori.

Quindi non usate panature eccessive, formaggi diversi da quelli scelti, non sarebbe lei, non sarebbe la classica parmigiana, regina dell'estate.


Il sommelier consiglia: Terredora, Fiano di Avellino Terre di Dora 2008




Sicilia. Qualcosa di genuino.

"Un giorno questa terra sarà bellissima" 
 - P. Borsellino - 


La prima giornata in barca. Un mare cristallino, un cielo azzurro e un gusto unico. 
Ci sono sensazioni che difficilmente possono essere trasmesse attraverso uno schermo. E ci sono gusti che necessitano del giusto luogo per essere assaporati al meglio. Ricci di mare, limoni siciliani e pane marsalese. Non vi dico altro.


I bagli (dall’arabo “bahal"che significa cortile). Antiche costruzioni di forma quadrata che circondavano una corte. Fattorie fortificate diffuse nella zona del Trapanese erano "l'espressione di un'organizzazione geo-economica legata al feudo o al latifondo, e quindi alla grande proprietà terriera che alimentava le rendite delle classi aristocratiche e della borghesia. Il baglio era una grande azienda agricola abitata, oltre che dagli stessi proprietari terrieri, anche dei contadini che vi lavoravano tutto l'anno o stagionalmente. Era quindi dotato di numerosi alloggi, ma anche di stalle e depositi per i raccolti".

Bagghiu abbandonato nella zona di Marsala.




E bagghiu recuperato, circondato da vigneti e magicamente immerso nel silenzio. E' il baglio Donna Franca, appartenuto alla famiglia Florio, che lo aveva acquistato per costruire un punto di appoggio per il reperimento delle uve provenienti dall’altopiano del Birgi, base unica per la preparazione del vino “Marsala” tanto rinomato. 


Vista panoramica dal baglio Donna Franca, su Isole Egadi, riserva dello Stagnone, Marsala ed Erice.

giovedì 17 giugno 2010

Croccanti zuccherini al tè Matcha



Oggi avevo voglia di preparare qualcosa di dolce, zuccheroso ma non stucchevole.
Qualcosa di croccante, dal gusto delicato e intenso.
Qualcosa da sgranocchiare davanti al computer, insieme ad un bicchiere di tè verde.

La ricetta che sto per darvi è davvero deliziosa e stuzzicante.

Ingredienti: per 30 biscottini

90 gr di zucchero a velo
140 gr di burro
230 gr di farina
1 cucchiaino di polvere di tè Matcha
1 uovo
200 gr di zucchero semolato (per la copertura)

In una ciotola setaccio la polvere di tè Matcha con lo zucchero a velo, unisco il burro e inizio ad impastare fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo. Aggiungo la farina, continuo a mescolare, poi l'uovo e lavoro velocemente il composto.
La pasta risulta molto morbida, non aggiungo farina, stendo sul tagliere e ricavo dei "grissini" di pasta che taglio in 1 cm e formo delle anelline che vado a passare nello zucchero semolato e dispongo su una teglia, ricoperta di carta forno.

In frigorifero per 10 minuti e subito in forno a 180° per 15 minuti.

Il sommelier consiglia: Celli, Albana di Romagna Dolce Le Querce 2007


mercoledì 16 giugno 2010

Sicilia. Capire il Sud.


"E' stato detto: tutti i paesi hanno un Sud"
"E' vero, ma l'Italia è tutto Sud"
"Non ho l'impressione, però, che i suoi paesani siano tristi"
"E' naturale. A Palermo si è più spensierati che a Milano. Qui c'è infatti meno da perdere"


- Intervista di Enzo Biagi a Leonardo Sciascia -



Favignana. La regina delle tonnare.
Di questi tempi i luoghi turistici fanno sempre un certo effetto. Hanno un alone silenzioso attorno che li rende magici e tremendamente suggestivi.
Favignana alle 15 di un'afosa domenica di Giugno.


Il tonno. Protagonista su quest'isola in ogni angolo.
Fritto con cipolla abbondante, al "ragù trapanese", alla griglia con un semplice condimento di olio, sale, origano, pepe e limone o come ingrediente principale di fantastiche polpette.

Il mio primo piatto "isolano" è stato proprio un ragù trapanese arricchito, come usanza locale prevede, dal finocchietto, che gli conferisce un gusto deciso e prelibato. E quale pasta migliore se non gli "gnocculi" cavati a mano, una pasta fresca tipica della zona che somiglia un nostro fusillo allungato, o le "busiate", listarelle di pasta arrotolate attorno al "buso", il ferretto che dona questo aspetto inconfondibile.
E se la pasta vi sembra troppo per un pranzo estivo, il cous cous è l'ideale. Un piatto unico cucinato nell'apposita cous cousiera, con i suoi tempi lunghi (due ore di cottura circa), il brodo di pesce a renderlo genuino, orate, sgombri e gamberoni per quel qualcosa in più e l'aggiunta particolare e divina delle mandorle e della santa uvetta sultanina, tanto usata da queste parti?


- continua -

Polpettine di melanzana con mozzarella, panatura di pomodori secchi e basilico fritto


Melanzane, la mia passione in assoluto.
Fritte, arrostite, in umido, al forno, al funghetto, in ratatouille, glassate, dolci, stufate, mi piacciono sempre e comunque.
E pensare che fino agli anni sessanta, la melanzana, verdura popolarissima nel Mezzogiorno d'Italia, era ignorata e snobbata nell'Italia del Nord. Del resto, nel Medioevo, una certa diffidenza aveva accompagnato il suo ingresso in Europa, catalogandola come cibo poco sano, che provoca malinconici umori e pazzia. Almeno questo è quello che ci è giunto da manoscritti di botanici, novellieri dell'epoca.
Ma la melanzana riuscì ad imporsi negli orti e sulle tavole delle regioni centro meridionali riscontrando grandissimo successo e diventando la regina di moltissime ricette oggi diventate simbolo di regioni come la Campania, basti pensare alla parmigiana di melanzane o della Sicilia con la caponata o la pasta alla Norma.

Oggi vi propongo una ricetta deliziosa originaria della Campania, a mio avviso, ma non lo dò per certo, viste le influenze continue dei popoli, che si intrecciano fra loro.
Ognuno di noi lega un sapore ad un ricordo.
Per me le polpette di melanzane ricordano l'infanzia, Napoli, le domeniche a casa di Giovanni e i profumi di melanzane fritte e basilico che provenivano dalla cucina di Rosa.
Un sapore mai dimenticato e quindi custodito nel mio cuore e nel mio quaderno di ricette.

Eccovi la ricetta quindi: per circa 15 polpette

2 melanzane grosse
basilico fresco
1 uovo
3 cucchiai di parmigiano
1 bicchiere di pangrattato o pane raffermo
2 pomodori secchi
1 mozzarella vaccina
1 cucchiaino di origano secco
1 scatola di passata di pomodoro
1 spicchio d'aglio
olio extravergine d'oliva


Per prima cosa faccio appassire le melanzane in forno, intere mi raccomando, per 40 minuti circa. Alcuni forni richiedono qualche minuto in più. (Potete farlo anche il giorno prima e poi conservare la polpa di melanzane in frigorifero).

Quando le melanzane si saranno "sgonfiate" e al tatto risulteranno morbide, sono pronte per essere aperte, private della buccia esterna e dell'acqua in eccesso.
In uno scolapasta quindi metto tutta la polpa di melanzana e la lascio scolare, aiutandomi con una forchetta.
Nel frattempo preparo il pangrattato con il pane raffermo e i pomodori secchi. Avendo due fette di plum cake ai pomodori secchi che avevo fatto due giorni fa, le ho utilizzate.

In una padella faccio scaldare uno spicchio d'aglio con la polpa di pomodoro e un pò di sale.
A questo punto in una ciotola inizio a preparare il compasto di polpa di melanzana, basilico a pezzetti, uovo, sale, parmigiano e pan grattato profumato.
Deve risultare un composto morbido.
Preparo le polpette e all'interno di ognuna metto un pezzettino di mozzarella. Le passo nel pangrattato e le friggo in olio extravergine. Devono risultare dorate.
Per finire friggo qualche foglia di basilico per decorare il piatto.
Impiatto in una scodella o coppetta, mettendo sul fondo la salsa di pomodoro profumata all'aglio e tre polpette al centro del piatto con una fogliolina di basilico.

Il piatto è stupendo, va naturalmente mangiato caldo per gustare la mozzarella filante all'interno della polpettina di melanzana.

Con questa ricetta partecipo al Contest "Mondial finger food" - 1° girone (polpettiadi).
http://forum.giallozafferano.it/mondial-finger-food/


Il sommelier consiglia: Cantine Due Palme, Canonico 2007


martedì 15 giugno 2010

Fior di zucca ripieno di ricotta e gamberi rossi



Oggi ho ricevuto un bel regalo.
Un cestino pieno di fiori di zucca.
Per una persona che ama la cucina come me, non c'è regalo più gradito. Perchè? Perchè posso creare infinite ricette per le persone che amo con un piccolo, semplice, povero, delicato, bellissimo fiore. E sono felice.

Ho preparato dei piccoli e saporiti fiori pieni di ricotta fresca e gamberi rossi, cotti al forno.
Una delizia per gli occhi e per il palato.

Ecco a voi la ricetta: per 4 persone

20 fiori di zucca freschissimi
300 gr di ricotta
1 uovo
20 gamberi rossi
parmigiano reggiano
pan grattato
basilico fresco
olio extravergine
sale e pepe q.b.

I fiori di zucca essendo molto delicati vanno maneggiati con cura. Vi consiglio quindi di pulirli con un panno umido ma di non lavarli sotto l'acqua corrente perchè potrebbero rompersi.
Io solitamente per questa ricetta elimino il pistillo (dal gusto amarognolo) e utilizzo solo le foglie del fiore.
Pulisco i gamberi, li privo del carapace e li metto da parte.
Preparo nel frattempo la farcia a base di ricotta, sale, pepe, uovo, parmigiano e basilico.
Farcisco ogni fiore con un cucchiaino di ricotta e un gambero e poi richiudo delicatamente.
Li sistemo tutti in una teglia e termino con pangrattato, parmigiano e olio extravergine.
In forno a 180° per 10 minuti o nel microonde per 8 minuti.
Da mangiare caldi. Sono buonissimi.

Il sommelier consiglia: Pieropan. Soave Classico La Rocca 2007


lunedì 14 giugno 2010

Sicilia. Fotografie genuine di una terra vera.


"Non c'è niente di più bello di una vigna ben zappata, ben legata, con le foglie giuste e quell'odore della terra cotta dal sole d'agosto. Una vigna ben lavorata è come un fisico sano, un corpo che vive, che ha il suo respiro e il suo sudore" - C. Pavese, La Luna e i falò

E' la mia prima volta a Trapani. Esco dall'aereoporto e mi guardo intorno, stranita e un pò delusa. 
E' un paesaggio povero e vuoto. Sorrido incuriosita.
Sulla strada verso Marsala, fotografo vigne di Catarratto, Inzolia e Grillo. I colori non colpiscono, sono normali e proprio per questo meravigliosi. Qui sembra tutto com'è. Senza eccessi, senza esagerazioni.
Un cielo semicoperto, un silenzio surreale, una spiaggia assente, un mare calmo. 
Fotografia di Marsala, un sabato pomeriggio di Giugno.

Voglio raccontarvi i profumi di Favignana, le arancine calde, il tonno appena pescato, il cous cous di pesce, il pane cunzatu, le panelle, i cannoli e la ricotta indescrivibile, i bagli ormai distrutti e quelli recuperati, Donna Franca e i suoi segreti, il Grillo, il Catarratto, lo Zibibbo, le polpettine di bianchetti e le saline di Marsala.

Voglio raccontarvi tutto questo, ma i giorni scorrono senza un attimo di respiro.
Ho una splendida novità da comunicarvi a breve, che interesserà tutti voi amanti del cibo e delle ricette. Ma andiamo per gradi. Domani i miei giorni siciliani diventeranno vostri.
- a seguire, la notizia tanto sognata - 





 

Plum-cake pomodori secchi e primo sale



"[I pomodori…] per servirli bisogna prima rotarli su le braci o, per poco, metterli nell’acqua bollente per toglierli la pelle.
Se li tolgono i semi o dividendoli per metà, o pure facendoli una buca..."
Corrado Vincenzo, Il cuoco galante. 1773

Il pomodoro è senza dubbio il re indiscusso dell'estate.

Sono moltissime le ricette a base di questo meraviglioso frutto che la terra ci offre e che in questa stagione raggiunge il suo colore più brillante, il suo gusto più dolce e la sua consistenza ottimale per essere tagliato, frullato, emulsionato, soffritto, fatto seccare al sole e...mangiato.

Oggi vi propongo una ricetta a base di pomodori san marzano secchi, naturalmente seccati al sole per una settimana e poi conservati in vasetti con olio, aglio, basilico, sale e capperi.

I pomodori secchi sono ottimi da mangiare con un antipasto di salumi e formaggi,
si possono utilizzare per arricchire sughi e salse o rendere il pane più saporito, come nel caso della ricetta che sto per darvi

Ingredienti: per 1 stampo da plum-cake

350 gr di farina
100 gr di acqua tiepida
6 pomodori secchi
100 gr di prosciutto crudo
50 gr di parmigiano
80 gr di primo sale
30 gr di olio extravergine
10 gr di sale
2 uova
1 cubetto di lievito di birra

Per prima cosa gratto il parmigiano, frullo il prosciutto crudo e il primo sale e metto da parte.
Su una spianatoia inizio ad impastare la farina, il lievito sciolto in acqua tiepida, l'olio e il parmigiano.
Aggiungo poi le uova, il primo sale, il prosciutto crudo e il sale.
Per ultimo i pomodori tagliati a pezzetti.
Il composto dovrà risultare compatto ma "appiccicaticcio".
Verso l'impasto in uno stampo da plum-cake, spennello con olio e copro con un canovaccio.
Faccio lievitare fino a quando non sarà raddoppiato di volume.
Inforno a 180° per 35 minuti.

Ottimo da mangiare caldo, come accompagnamento ad antipasti di formaggi e salumi,
con verdure in umido, alla griglia e fritte.
Perchè non prepararlo oggi e servirlo questa sera per i vostri amici, guardando i mondiali di calcio e tifando Italia, s'intende.

Il sommelier consiglia: Tenuta Mosole - Lison Pramaggiore,  Bianco Eleo 2008

domenica 13 giugno 2010

Raviole di ricotta con marmellata di pesche



Non sapete cosa preparare per merenda ai vostri bimbi o cosa portare in ufficio domani per addolcire le vostre giornate, prima delle vacanze?

Le raviole sono la soluzione, almeno mi hanno salvato in tante situazioni, perchè piacciono ai grandi e ai piccini.
Non sono il solito biscotto, non contengono creme quindi possono essere conservate in un contenitore ermetico, più giorni.
Ottime assieme al caffè dopo un pranzo, divine accompagnate al tè delle cinque, buone da portare al pic-nic che avete organizzato con gli amici.


Le raviole sono dolcetti tipici dell'Emilia Romagna, in particolare del giorno di San Giuseppe.
Tutte le donne della mia famiglia le hanno sempre preparate, chi con la ricotta, chi senza, chi con la mostarda bolognese, chi con la marmellata di pere.

Io e Chiara siamo "destinate", per continuare a tramandare la tradizione di famiglia.

Ecco come si preparano (quelle alla ricotta)

300 gr di farina,
100 gr di burro salato
100 gr di zucchero
100 gr di ricotta fresca
10 gr di lievito per dolci
un pizzico di sale
marmellata a piacere

Preparazione:

A differenza delle raviole classiche, di pasta frolla, le raviole alla ricotta sono più delicate sia al sapore che al tatto, non prevedono uova e soprattutto poca farina.

In una terrina mescolo il burro a temperatura ambiente con lo zucchero, aggiungo la ricotta e stempero bene tutti gli ingredienti fino a creare una crema, aggiungo man mano la farina e il sale e impasto con le mani. Devo avere una consistenza compatta ma non troppo.
La farina serve per tenere insieme il composto ma non deve essere il sapore dominante.
Con delicatezza sposto il composto sul tagliere sporco di farina.
Con il mattarello stendo l'impasto di 4 mm circa e con un bicchiere o un coppapasta formo dei dischetti che vado a farcire di un cucchiaino di marmellata e chiudere a mezzaluna, sempre con attenzione, perchè l'impasto è molto delicato.

Inforno a 180° e lascio cuocere per 1o minuti su una teglia rivestita di carta forno.

Le raviole devono risultare morbide al tatto e chiare alla vista.
Fate raffreddare e cospargete di zucchero a velo.
Bon appetit.

Il sommelier consiglia: Pojer e Sandri, Essenzia 2006

venerdì 11 giugno 2010

Clafoutis alle ciliegie


E' l'ora delle ciliegie...è l'ora del Clafoutis!

Ogni anno quando arriva giugno, compro le prime ciliegie e ogni anno la mia prima ricetta è il clafoutis, un dolce che mi piace molto e a cui sono particolarmente legata perchè ricorda il mio periodo parigino.
Tanti piatti ricordano quel periodo, è vero, forse perchè è stata una bella parentesi della mia vita o semplicemente perchè quando si vive soli, lontani da casa, dall'Italia, ogni sapore nuovo, ogni momento viene "fotografato" dalla memoria e rimane con te per sempre, proprio perchè non sai se lo rivivrai.
Come quando si fa un viaggio, magari un lungo viaggio dall'altra parte del mondo. Tutto quello che si vive, si vive intensamente anche i nuovi sapori.
Così è almeno per me.
La domenica pomeriggio, spesso andavo nel Marais, un quartiere parigino che amo e quando la stagione non era ancora calda, mi rifugiavo in un piccolo cafè frequentato da studenti e artisti e leggevo qualche libro o scrivevo lettere a colui che sarebbe diventato mio marito.
Accompagnavo la mia lettura con una tazza di cafè au lait e una fetta di torta fatta in casa dalla propietaria.
Non immaginate i profumi e gli aromi di zucchero vanigliato, cannella, marmellata di frutta.
Ogni domenica una torta diversa; crostate, tarte tatin, flamiches dolci e clafoutis caldo, la mia passione.
Questa splendida torta raggiunge l’apice con le ciliegie fresche ma è buona anche con le pesche e le albicocche.


So che vi ho fatto venire voglia di prepararla, eccovi gli ingredienti:

500 gr di ciliegie
80 gr di farina
100 gr di zucchero
100 gr di farina di mandorle
80 gr di burro a temperatura ambiente
2 uova
3 cucchiai di latte
1 cicchiaino di lievito per dolci
burro e zucchero di canna(per rivestire la tortiera)

Preparazione
Lavo le ciliegie e le privo del nocciolo, cercando di non romperle (io utilizzo l'apposito strumento), lavoro il burro con lo zucchero, aggiungo la farina di mandorle e poi le uova.
Unisco il latte, infine la farina setacciata con il lievito.
Verso il composto nella tortiera di porcellana imburrata e cosparsa di zucchero di canna e dispongo le ciliegie premendole all’interno del composto.
180° per 40 minuti…

Una torta di facile esecuzione, dal gusto dolce ed avvolgente, da mangiare calda, magari con una pallina di gelato alla crema.

Il sommelier consiglia: Maculan, Dindarello 2007

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